Preliminare o definitivo: fondamentale il contenuto della volontà dei contraenti
Nel primo caso, le parti si impegnano a prestare successivamente il consenso al trasferimento, mentre, nel secondo, ad attuare il trasferimento stesso senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà

La qualificazione di un contratto di compravendita, o come preliminare o come definitivo, dipende dal contenuto della volontà dei contraenti, che, nel primo caso, è diretta a impegnare le parti a prestare successivamente il consenso al trasferimento, mentre, nel secondo, ad attuare il trasferimento stesso senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 10454 del 22 aprile 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo ad una scrittura privata, precisano che l’obbligo di rinnovare il consenso mediante atto pubblico ai fini della trascrizione non è indicativo della natura preliminare della scrittura, potendo avere funzione meramente riproduttiva di una precedente definita compravendita, mentre il differimento della consegna del bene non è di per sé indicativo della stipulazione di un preliminare, posto che il trasferimento può avvenire contestualmente o successivamente alla conclusione del contratto definitivo.
Riflettori puntati, nella vicenda, su autenticità e natura di vendita immobiliare di una scrittura privata con cui è stata alienata la nuda proprietà, con riserva di usufrutto, di un immobile, a fronte del pagamento del prezzo di 20mila euro, con la dichiarazione di revoca del legato avente ad oggetto lo stesso cespite.
In Appello sono stati individuati i seguenti aspetti: rinnovazione del consenso delle parti in sede di stipulazione notarile; obbligo assunto di effettuare, in tale sede, il trasferimento del possesso dell’immobile in favore del promissario acquirente; riferimento al momento della stipula del rogito notarile, ai fini dell’attribuzione delle rendite in favore dell’acquirente e dei pubblici aggravi a suo carico, senza provvedere alla sua trascrizione; preclusione della qualificazione del contratto come vendita in conseguenza della mancata trascrizione. E da tali elementi i giudici di secondo grado hanno tratto il convincimento che sia stato stipulato un preliminare di vendita immobiliare.
Nel giungere a tale conclusione, poi, in Appello è stato posto l’accento sulla circostanza che il trasferimento del possesso all’atto della stipula del rogito notarile fosse emblematico della volontà di trasferire la proprietà dei cespiti al momento del perfezionamento di tale atto pubblico, con valenza di contratto definitivo, senza considerare: il richiamo espresso all’immediata intenzione traslativa; la riserva di usufrutto in favore dell’alienante; l’immediata assunzione degli oneri e delle spese a carico dell’acquirente; il totale versamento del prezzo; il rinvio alla stipula dell’atto pubblico ai fini della mera rinnovazione del consenso; la prevista limitazione della garanzia per i vizi e la contemplata garanzia per l’evizione.
Ma, osservano i giudici di Cassazione non assume un peso decisivo il nomen iuris risultante dall’intestazione del contratto, in quanto esso non sia coincidente con le espressioni usate dai contraenti nella parte dispositiva, la quale esprime il nucleo essenziale della volontà negoziale E, ancora, il differimento della consegna non è in sé indicativo della stipulazione di un preliminare, posto che il trasferimento sotteso alla stipulazione di un definitivo può avvenire contestualmente o a decorrere da un momento successivo alla conclusione del contratto, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. D’altro canto, il riferimento alla rinnovazione del consenso mediante atto pubblico, ai fini di procurarsi un titolo idoneo per la trascrizione, non è affatto significativo della natura preliminare della scrittura. Ed invero, nel caso di compravendita conclusa per mezzo di scrittura privata, l’obbligo assunto dalle parti di addivenire alla stipulazione di un atto pubblico di trasferimento, con contestuale immissione nel possesso del bene dell’acquirente, eventualmente con il completamento in quella sede del pagamento del prezzo, non vale a convertire in preliminare il contratto definitivo che le parti hanno eventualmente inteso concludere, nell’espressione della loro autonomia negoziale, in quanto i contraenti possono validamente ed efficacemente, contestualmente o in tempo successivo, accordarsi per la riduzione in atto pubblico della scrittura privata contenente già un trasferimento dominicale perfetto, all’unico fine ricognitivo del precedente contratto. Sicché, la riserva di futura formazione di atto pubblico ben può avere funzione meramente riproduttiva di una precedente definita compravendita e non è in sé indicativa della ricorrenza di un preliminare, chiosano i giudici di Cassazione.