Permesso di soggiorno scaduto: espulso lo straniero neopapà

Inutile il ricorso in Cassazione a fronte della pericolosità dello straniero, che ha scontato una condanna a quasi nove anni di reclusione. Per i giudici è secondario il riferimento alla relazione familiare dell’uomo con il figlioletto

Permesso di soggiorno scaduto: espulso lo straniero neopapà

Confermata l’espulsione dello straniero con il permesso di soggiorno scaduto e diversi precedenti penali se il rapporto col figlio piccolo, nato in Italia, è da ricostruire.

Il Giudice di pace confermava il provvedimento di espulsione, con conseguente ordine di allontanamento, emesso dalla Prefettura e basato sul fatto che «il permesso di soggiorno dello straniero era scaduto da più di sessanta giorni e non ne era stato chiesto il rinnovo». Inoltre «la presenza di condanne penali» e la presenza di legami familiari dello straniero non rilevanti «avendo egli divorziato dalla moglie e non avendo contatti, se non sporadici e solo telefonici, con il figlio».

Di conseguenza, «il bilanciamento tra la pericolosità sociale del soggetto e il diritto al mantenimento dell’unità familiare è stato ben eseguito dall’autorità amministrativa». Innanzitutto, perché il legame affettivo dello straniero con il figlio nato in Italia «non può ritenersi tanto consistente da recedere innanzi alle prevalenti ragioni di ordine pubblico» e poi perché «risultano privi di riscontro gli adempimenti dell’obbligo di mantenimento e i contatti telefonici e visivi con il figlio durante il periodo di detenzione».

Inutile il ricorso in Cassazione che conferma il provvedimento di espulsione emesso dalla Prefettura.

Decisivi risultano la pericolosità dell’uomo, risultante da una condanna a quasi nove anni di reclusione per i reati di estorsione, rapina e lesioni personali, e la mancanza di legami con il figlio, riconducibili sostanzialmente ad un mero rapporto telefonico.

I giudici della Cassazione sottolineano che «lo straniero è risultato privo di permesso di soggiorno in quanto non rinnovato» e aggiungono, condividendo il ragionamento del Giudice di pace, che «non costituisce idonea giustificazione al mancato rinnovo del ‘permesso’ la circostanza che lo straniero sia stato a lungo detenuto perché egli avrebbe potuto avvalersi dell’amministrazione penitenziaria per inoltrare apposita domanda».

Per quanto concerne il rapporto con il figlio nato in Italia, i magistrati ritengono che tale relazione familiare non sia di intensità tale da prevalere sulle esigenze di legalità e ordine pubblico. Soprattutto tenendo conto, in particolare, della «mancanza di contatti tra l’uomo e il figlio nel periodo della detenzione nonché la discontinuità del mantenimento».

Infine, vengono richiamate le condizioni di divorzio da cui si ricava che «in realtà il rapporto dello straniero con il figlio (molto piccolo) non ha effettività e che avrebbe dovuto essere gradualmente ricostruito dopo la scarcerazione».

In conclusione, secondo la sentenza non ci sono le condizioni per «giustificare la permanenza dello straniero sul territorio italiano pur in assenza di permesso di soggiorno» (Cass. civ., ord., 30 aprile 2024, n. 11533)

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